Appello contro il revisionismo per la verità

Un appello di studiosi e cittadini per esprimere un netto dissenso dall'ambigua campagna di "pacificazione" sostenuta dall'On. Violante.

"La storia d'Italia è unitaria. Le sole divisioni dipendono dal rifiuto degli eredi politici del fascismo di riconoscere le enormi responsabilità di un regime reazionario".

I FIRMATARI di questo appello vogliono dichiarare il proprio netto dissenso dall'iniziativa pubblica di Trieste con la quale l'On. Luciano Violante ha inteso spendere la propria autorità istituzionale a sostegno dell'ambigua campagna di "pacificazione" che lo vede impegnato sin dalla sua elezione alla presidenza della Camera dei Deputati. In quanto studiosi e cittadini della Repubblica non intendiamo entrare nel merito del senso politico di proposte del genere; ci sta a cuore invece sottolineare l'infondatezza storica dell'argomentazione e l'inconsistenza delle richieste avanzate.

Le foibe, come l'espulsione delle minoranze di lingua italiana da vaste zone dell'Istria e della Dalmazia, rappresentano certamente un dramma storico di vaste dimensioni, uno dei frutti avvelenati della Seconda guerra mondiale. È giusto quindi che esse vengano studiate e che in proposito si apra una seria discussione; tuttavia è tanto semplicistico quanto unilaterale far ricadere la responsabilità delle foibe, secondo quanto l'On. Violante ritiene, soltanto sui partigiani dell'esercito popolare di liberazione jugoslavo.

Non si può dimenticare, infatti, che la responsabilità della trasformazione di frizioni e conflitti interetnici, consueti e scontati in zone di confine, in contrapposizioni politiche irriducibili e risolvibili solo con la violenza ricade prima di tutto sul regime monarchico-fascista che resse l'Italia dal 1922 in poi. Un regime caratterizzato da un violento spirito antislavo, che per un ventennio fece di tutto per snazionalizzare le minoranze slovene e croate con deportazioni in massa, con i deferimenti al Tribunale speciale e con numerose condanne a morte di irredentisti slavi. E che poi, nel 1941, aggredí la Jugoslavia per smembrarla e ne invase significative porzioni annettendosi la provincia di Lubiana e instaurando un regime d'occupazione durissimo che ben poco ebbe da invidiare a quello che l'Italia avrebbe subíto dopo l'8 settembre 1943. Trentamila sloveni furono deportati in campi di concentramento non dissimili da quelli nazisti di Dachau e Mauthausen (tristemente famoso quello dell'isola di Rab). Regio esercito e camicie nere si resero responsabili di veri e propri crimini di guerra: fucilazioni in massa, incendi di villaggi, rappresaglie analoghe alle Fosse Ardeatine; a ciò va aggiunto il tentativo degli Alti Comandi di strumentalizzare le tensioni interetniche tra i diversi popoli jugoslavi, per esempio in Bosnia, armando milizie locali reciprocamente ostili. In questo senso, delle foibe e delle espulsioni di massa deve essere considerato almeno corresponsabile il fascismo mussoliniano con la sua politica imperiale ed aggressiva. Se c'è una questione di cui la Repubblica deve farsi carico è, semmai, il non avere mai fatto entrare nella propria memoria collettiva i crimini di guerra di cui l'Italia monarchico-fascista si è macchiata in Jugoslavia e non solo (anche in Etiopia e in Grecia, per esempio), e il non aver mai processato alti ufficiali e gerarchi del regime che emanarono ordini criminali di rappresaglia contro la popolazione civile.

La storia d'Italia è unitaria. Le sole divisioni dipendono dal rifiuto degli eredi politici del fascismo di riconoscere le enormi responsabilità di un regime reazionario, imperialista e razzista che tolse al paese libertà e dignità per poi gettarlo dal 1935 in poi in una guerra praticamente ininterrotta che culminò nell'intervento a fianco di Hitler. Iniziative come quella di Trieste sono incompatibili con la verità storica e con i valori fondamentali della Costituzione, e suonano offesa alla memoria di quanti hanno pagato con la vita la costruzione della democrazia in questo paese e nel resto dell'Europa. Non dimentichiamo che il discrimine vero tra antifascisti e fascisti sta nel fatto che i secondi difendevano - di fatto - il sistema che aveva prodotto le camere a gas e i forni crematori di Auschwitz, che i primi invece volevano cancellare dalla faccia della terra. Questa verità storica e questa memoria intendiamo difendere senza cedimenti, e perciò faremo di tutto per impedire che delle mistificazioni diventino il fondamento della nuova memoria collettiva degli italiani.

Aldo Agosti, Luciano Allegra, Piero Ambrosio, Francesco Barbagallo, "Belfagor" (Firenze), Silvano Belligni, Angelo Bendotti, Cesare Bermani, Giovanna Bernardelli, Duccio Bigazzi, Riccardo Bottoni, Michelangelo Bovero, Alberto Burgio, Luigi Cajani, Luciano Canfora, Andrea Catone, Gian Mario Cazzaniga, "Centro di cultura Einaudi", Francesco Ciafaloni, Enzo Collotti, Luigi Cortesi, Claudio Costantini, Antonino Criscione, Pinella Di Gregorio, Angelo d'Orsi, Ferdinando Fasce, Paolo Ferrari, Francesca Ferratini Tosi, Filippo Focardi, Gianni Francioni, Emilio Franzina, Mimmo Franzinelli, Francesco Germinario, Chiara Giorgi, Paolo Giovannetti, Gaetano Grassi, Augusto Graziani, Luciano Guerci, Gianni Isola, Nicola Labanca, Maria Carla Lamberti, Adriana Lai, Emilio Lastrucci, Domenico Losurdo, Salvatore Lupo, Bruno Maida, Saro Mangiameli, Brunello Mantelli, Pietro Margheri, Alfio Mastropaolo, Renato Monteleone, Claudio Natoli, Gianni Oliva, Claudio Pavone, Gianni Perona, Pier Paolo Poggio, Gianfranco Porta, Franco Quesito, Carlo Ferdinando Russo, Rino Sala, Alfredo Salsano, Mariuccia Salvati, Renato Sandri, Enzo Santarelli, Marco Scavino, Frediano Sessi, Silvana Sgarioto, Livio Sichirollo, Paolo Soddu, Gabriella Solaro, Corrado Stajano, Gabriele Turi, Cetti Vacante, Mario Vegetti, Albertina Vittoria, Maria Grazia Zanaboni.

Raccolta adesioni

Per ulteriori adesioni telefonare ad Alberto Burgio (051/392362; 0338/7877113) o a Brunello Mantelli (011/8195365; 0347/3426641) oppure inviare un fax allo 011/8195365 o un mail a: mantelli@cisi.unito.it.


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